Diventa sempre più difficile trovare le parole giuste per descrivere la situazione in cui siamo, soprattutto a caldo. Dagli anni dei due settimi posti il tifoso Juventino non aveva mai avvertito così tanto l'olezzo del fallimento.
Troppe volte negli ultimi mesi si è sentito parlare di atteggiamento sbagliato, di partita storta, di volontà di reagire. La verità è che non è mai cambiato nulla, tutto è rimasto esattamente fermo a 7 mesi fa, quando si parlava di entusiasmo, di nuovo progetto, di calcio fluido, moderno.
Un'eliminazione agli ottavi di Champions con il Porto e uno scudetto già andato a marzo non possono essere una buona base da cui partire. C'è la finale di Coppa Italia da provare a conquistare e una Supercoppa italiana vinta, ma non sono sufficienti.
Non c'è mai stata parvenza di squadra solida, concentrata, motivata e con le idee chiare. La Juve in campo improvvisa, non ha orgoglio, pare stare in campo per costrizione. Scorrazza confusamente sul campo anziché mangiarsi l'erba.
Il limite, mai superato, di 3 vittorie consecutive in questo campionato, rappresenta perfettamente l'instabilità di un gruppo di uomini che perde troppe volte la trebisonda.
È sufficiente imbattersi in una squadra appena solida, compatta e grintosa per mettere a nudo tutti i problemi della squadra di Pirlo. Ogni avversario sembra averne sempre di più, la lotta di nervi è costantemente persa. Questo non puoi permettertelo se già navighi in acque agitate.
È comprensibile avere delle difficoltà, è giustificabile non aver ancora fatto propri tutti i dettami tecnici del nuovo allenatore, tenendo conto di tutti gli ostacoli attraversati in questa stagione, tra infortuni, Covid, partite ogni 3 giorni e qualche torto arbitrale di troppo.
Non è perdonabile però assistere costantemente a spettacoli angoscianti come quello avvenuto oggi con il Benevento.
Non se lo meritano soprattutto i tifosi - la maggior parte - che, malgrado tutto, sono stati sempre vicini alla squadra. Quest'anno sono state date tante attenuanti al gruppo e una fiducia quasi inedita al nuovo allenatore che, in tutta franchezza, non ha mai fatto nulla per ripagarla.
Da mesi alla Continassa si parla di progetto, del quale però non si è finora vista nemmeno l'ombra. Non è sufficiente comprare qualche buon giocatore di 20 anni per garantire un futuro alla squadra. Servono basi solide, unione d'intenti e soprattutto un'identità.
Questa sembra una Juventus figlia di nessuno, un dado lanciato per disperazione nella speranza di pescare un sei. Paratici nel post partita spiega giustamente come non si tratti di un club per il quale può esistere la parola "transizione", ma ciò stenta a tradursi in campo. La sensazione invece è proprio di completa sazietà in tutti i settori, dalla società, alla dirigenza, allo staff tecnico, fino ai giocatori.
I successi ottenuti negli ultimi 9 anni appartengono alla storia e lì saranno scolpiti indelebilmente. Il presente però ci racconta una Juve smarrita, persa. Il futuro è già domani, e chiederà il conto. Juve, dove sei?
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