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Buon compleanno Capitano - Articolo a più mani per il compleanno di Del Piero

L'importanza di essere Del Piero

(di Elia Robino)

Era l'autunno del 2003, dovevo ancora compiere dieci anni, ed ero un giovane juventino come molti miei coetanei. Nella mia famiglia tutti tifano la Juve, tranne mia nonna. Nata sui monti del Passo del Turchino nel Genovese, mi confesserà molti anni dopo di essere nata genoana. Sono Juventino perché nella bassa provincia alessandrina non è che ci fosse molta scelta. Ricordo giusto un compagno delle elementari che era milanista e qualche ragazzino di origini straniere che tifava Inter. Tutti gli altri, fieramente juventini, qualsiasi cosa volesse dire per un ragazzino di quell'età.


Un pomeriggio ci troviamo noi ragazzini nel parchetto del nostro paese di 1400 anime per fare la canonica partitella di calcetto. Non vi dico la confusione. Immaginate una decina di bambini tutti con la stessa maglia della Juventus, con dietro ovviamente il numero 10, sovrastato dallo stesso nome di Del Piero. Non importava il ruolo, una pletora di Pinturicchi correva di qua e di là incontro al pallone. Tra questi, almeno uno poteva anche usare le mani, un raro esempio di Del Piero portiere. Ma tra tutti questi c'era anche Davide, anche lui juventino, ma si distingueva da tutti gli altri. Avendo i genitori separati, andò a vivere con la mamma, la quale evidentemente non capiva molto di calcio. Il piccolo Davide infatti, tra tutti i Del Piero coraggiosamente sfoggiava una maglia con il numero 18, di Marco Di Vaio. Riesco ancora a sentire in maniera vivida tutte le prese in giro che il piccolo subì per il distaccamento dalla "dittatura" Delpierana. Non so se Davide si ricorda tutto questo, o se gli abbiamo rovinato l'infanzia. Però penso che non ci sia regalo migliore, per Alex, nel fargli sapere quanto era importante per noi bambini. Talmente rilevante che bastava non avere la sua maglia per far partire una sorta di "mobbing infantile" verso l'unico poveretto sprovvisto della 10 bianconera.

Auguri ADP, cento di questi giorni.


Buon compleanno Alex

(di Francesco Reina)

A me piace molto fare regali, specialmente per i compleanni, e ancora più per i compleanni di gente che mi sta a cuore. Arrivo al punto di fare ricerche e tenere appunti su quando i miei amici si lasciano scappare un “ah quanto mi piacerebbe…”. Può sembrare come un hobby materialistico, ma voglio pensare che dimostrare di avere ascoltato bene, o di avere anticipato un desiderio, sia segno di un’attenzione che solo un amico vero può dimostrare.

Dunque, se volessi fare un regalo ad Alex, cosa potrei dargli? Il problema è complesso: lui mi ha regalato quasi vent’anni (VENTI) di emozioni forti e di grosse soddisfazioni. Sdebitarsi è assolutamente impossibile. Ad esempio: una volta ricevetti, da mio zio emigrato in Piemonte, una sua foto e un autografo presi all’uscita dall’allenamento, mentre lui guidava. Forse potrei mandargli un mio autografo con foto? Inutile. Sento che mi abbia regalato bellissimi momenti quando, con mio padre, seguivamo le partite. Diversi momenti e fasi della sua carriera coincise con momenti cardine della mia crescita e formazione. Pomeriggi e serate passati a sperare ed aspettare. La finale di ritorno di Supercoppa Europea del ’96 giocata a Palermo. Cosa posso dargli per sdebitarmi di questo? Ancora più importante, mi ha dato un esempio di serietà e professionalità, e di tenacia. La sua volontà di non mollare o arrendersi è qualcosa che mi è rimasta dentro forse ancora più dei suoi dribbling e dei suoi gol. Di sicuro non puoi dargli un libro o un portafogli in cambio di questo. Ma questo è normale. Alex è il supereroe che il me stesso bambino aveva come idolo. Si può forse mandare un buono Amazon a Superman? Allo stesso modo, non posso ripagare Alex delle emozioni che mi ha dato. Spero davvero di poterlo incontrare un giorno, per dirgli un “Grazie” di cuore. E forse questo è l’unico regalo sensato che posso fargli.


L'uomo che combatteva le ingiustizie con le magie

(di Andrea Giostra)

Un ricordo di Alex Del Piero? Ne conservo mille, di cui 990 gioiosi, ma preferisco sceglierne uno dei dieci rimanenti per far capire come nasce l’amore per un calciatore.

Maggio 1997. Finale di Champions League con il Borussia Dortmund. Avevo 8 anni.

Di quella sera, nonostante la tenera età, ho dei fotogrammi talmente nitidi da sembrare recentissimi.

A pochi secondi dall’inizio mi accovaccio su una delle sedie della cucina perché la tensione è troppa per stare comodi sul divano con papà. La partita prende una strana piega. Attacchiamo come dei forsennati, e ci ritroviamo sotto. Poi, il lampo. Cross secco dalla fascia, vedo la chioma di Alex muoversi verso il primo palo. Colpo di tacco al volo. Gol. Ho quasi rotto la sedia per l’esultanza. Non credevo ai miei occhi. Non capivo nemmeno come si potesse segnare un gol del genere. Riguardo tutti i replay con gli occhi sgranati. Lo ha fatto davvero? Ero letteralmente innamorato.

Come è finita lo sappiamo tutti, purtroppo.

Ricordo le mie lacrime al triplice fischio, nascondendo il viso in un pigiamino a righe bianche e azzurre. Mio padre mi consolava ma non riuscivo a smettere, non riuscivo a comprendere come fosse possibile segnare un gol così bello e non portare a casa la coppa.

In quegli anni, nonostante la fede Juventina, avevo una passione sfrenata per Roby Baggio (insomma qualcosa ne capivo, ndr), ma da quel giorno m sentii indissolubilmente legato ad Alessandro Del Piero, l’uomo che combatteva le ingiustizie con le magie.

Buon compleanno Capitano!


Un punto di unione tra due ere

(di Arnaldo Figoni)

Ho tanti bei ricordi legati ad Alex Del Piero. Non ne metto uno di fronte agli altri, ma quando vedevo la Juve giocare con lui in campo, sapevo che in qualche maniera si sarebbe fatto sentire. Era una sorta di sensazione comune quando vedevo le partite della Juve.


Per un po' di tempo la mia passione Juventina è venuta meno, dato che io per molti anni seguivo il calcio con mio nonno, e quando venì a mancare, pensavo non fosse più la stessa cosa.

Piano piano però mi sono riavvicinato, e fortunatamente ho potuto assistere alle partite più belle che ho mai visto giocare dalla Juventus. Però mi sono legato di più alla squadra dopo la retrocessione in B, perché sapevo che chi era rimasto, di quei giocatori, era perché ci teneva davvero.


Forse, quello che sto per raccontare, non è ricordato da molti. Anche perché è facile citare il 2003, con quel gol fantastico al Real Madrid, o ancora più semplicemente la rete segnata a Dortmund contro la Germania.

È il 17 settembre del 2008, serata in cui la Juve torna a giocare in Champions League per la prima volta, dopo essere stati retrocessi in B. Giocavamo in casa contro lo Zenit, squadra che in quegli anni era veramente forte. Aveva vinto la Coppa UEFA e battè il Manchester United in Supercoppa Europea, perciò la Juve era chiamata a giocare contro un avversario che al momento era molto più forte. La nostra formazione non era proprio irresistibile, dei giocatori lì, solo alcuni sono ricordati con grande amore da parte dei tifosi. Lo zenit giocava fortissimo, hanno avuto diverse occasioni. Quando la partita si avviava verso uno 0-0 annunciato, una punizione da fuori area, lontanissima. Sul punto della battuta, Del Piero. Alex prende la rincorsa, cerca la porta e segna, 1-0 Juve. Esultai come un pazzo, mancava fortissimamente l'aria di Champions League. Dopo anni a guardare gli altri, iniziai a credere che in quel momento, si sarebbe tornati a essere una squadra forte e molto competitiva, nonostante la modestia della rosa.

Effettivamente, a distanza di più di dieci anni, siamo tornati a essere nell'élite del calcio. Il punto di unione tra le due ere, non poteva che essere Alessandro Del Piero.

Grazie capitano, sempre uno di noi.


Pinturicchio o Canova?

(di Simone Di Clemente)

Parlare di Del Piero senza sfociare nella nostalgia e portare alla mente ricordi legati a questo cognome è semplicemente impossibile. Personalmente mi è molto difficile anche solo scrivere queste righe senza versare qualche virile lacrima di gioia e passione.


Per me Alex è stato molto importante fin dall'inizio. Fino all'età di sei anni, infatti, il calcio non era molto importante per me e non mi ero quasi mai posto il quesito su quale squadra tifare.

Un giorno di maggio mio padre stava guardando la tv, semifinale d'andata di Champios League tra Real Madrid e Juventus. Io ero in cameretta, molto probabilmente ad allenare qualche pokemon sul game boy, come al solito, quando sento un urlo fortissimo in sala: smisi subito di giocare per andare a controllare. Gol di Trezeguet. Stavo per chiedere a papà perché ha esultato più del solito per un gol della Juve, ma ho notato subito il replay e, in particolare, un giocatore. Un tizio coi capelli scuri riceve palla da un certo Tudor, fa qualche mezza finta e tira. Anche se il tiro venne intercettato, mi colpì il suo movimento: elegante e semplice. Così semplice, eppure il difensore più vicino si fece fregare. Tornai in cameretta a giocare. Poco dopo sento un "Nooo!" quasi di rabbia. Curioso, tornai di nuovo in sala a vedere cosa fosse successo: gol di Roberto Carlos, prima annullato dal guardalinee per fuorigioco e poi convalidato dall'arbitro. Guardai il replay confuso mentre mio padre sconsolato continuò a ripetere "È fuorigioco, è fuorigioco..."

Una settimana dopo decisi di vedere la partita di ritorno insieme a mio padre, curioso di questa cosa che lo fa diventare così felice e allo stesso tempo così amareggiato. Dopo una decina di minuti vedo un biondino ricevere palla sulla destra, fare una finta e buttarla verso la sinistra. Noto quel tizio dell'altra settimana che, nonostante la bassa statura, riesce a prendere il pallone di testa e a far segnare, tanto per cambiare, Trezeguet. Rimasi ancora una volta colpito, ma a fine primo tempo avrei capito definitivamente cos'aveva di speciale quello col 10. Minuto 42, nonostante qualche azione noiosa, stavo iniziando a pensare che avevo fatto bene a non accendere il game boy quella sera. All'improvviso un'azione si capovolge in modo anomalo favorendo quel giocatore. Si gira, ha un difensore davanti, prova una finta, ha due difensori davanti, prova un'altra finta, tira in mezzo ai due difensori e "GOOOOL!" Questo gridammo io e mio padre subito dopo. Assurdo, se ci penso. Come detto prima, fino a quel momento non seguivo il calcio e non ne capivo granché. Tuttavia quell'azione mi fece esultare come se avessi tifato Juve da sempre. Il telecronista scandì "ALEX DEL PIERO RADDOPPIA", poi fecero vedere i replay. Ricordo di essere rimasto a bocca aperta riguardando quel gol da più angolazioni e anche un po' infastidito dalle troppe poche versioni del replay. Volevo vederlo più volte, a più velocità, da più angoli. Vorrei che quell'attimo fosse stato fotografato da più punti di vista, che fosse scolpito e che girasse lentamente davanti a me come una statua di Canova. Se ci pensate, Del Piero con Canova non ha in comune solo la vicina provenienza geografica: Alex non fa movimenti complessi, non vuole costruire qualcosa dal nulla, ma al contrario vuole tirare fuori un capolavoro da azioni semplici, quasi grezze, e lo fa con passione ed eleganza, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Un artista, solo un artista come Alessandro Del Piero poteva fare emozionare così tanto un bimbo di cinque anni e mezzo nato a "MilanoMilano" alla prima partita di calcio che avesse mai seguito alla televisione e solo una leggenda del calcio e della Juventus come Alessandro Del Piero può far emozionare ancora oggi un ragazzo di 22 anni che non prova vergogna di bagnare un po' gli occhi mentre scrive queste righe in mezzo ad altri pendolari in treno.

Buon compleanno Alex, grazie.




Anche da tutto il resto della Redazione di Juniverse, buon compleanno Alex, Capitano per sempre.


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